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Anche se è un qualcosa sotto gli occhi di tutti, ormai da molto tempo, ora è giunto anche uno studio in merito a darne conferma: chi è più “povero” spende in giochi, in proporzione, molto più di chi sta bene economicamente.
Lo studio è stato pubblicato su lavoce.info ed è stato condotto da Simone Sarti e Moris Triventi. Non si usano mezzi termini per definire la tendenza, in quanto i due studiosi la considerano una “tassazione volontaria” di tipo regressivo; in alcuni punti si arriva a parlare anche di disuguaglianza socio-economica.
“In Italia, come in altri paesi occidentali, i giochi d’azzardo legali costituiscono una percentuale rilevante delle entrate tributarie: tra il 1999 e il 2009 hanno fatto incassare in media all’erario il 4 per cento sul totale delle imposte indirette e, in termini assoluti, hanno contribuito alle casse statali con una media di 9,2 miliardi di euro all’anno.
Secondo gli ultimi dati Aams (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato), nel periodo gennaio-ottobre 2012 la raccolta complessiva, ossia l’insieme lordo del denaro mosso dai giochi, è stata di circa circa 70 miliardi. La raccolta derivante dai giochi è composta da diverse voci: quota dovuta all’erario, costi di concessione, costi di distribuzione, quota dovuta ad Aams e payout, ossia la parte che torna ai giocatori in forma di vincite.”
Lo studio quindi parte da dati generali come gli incassi dell’erario e considera un periodo abbastanza ampio; entrando più nello specifico, poi, si arriva a spiegare come è stata considerata la distribuzione: “È importante notare che il meccanismo di redistribuzione tra giocatori e Stato contribuisce a riprodurre disparità già esistenti, dato che lo Stato trattiene una quota delle giocate sotto forma di tassazione.
Assumendo che le vincite siano distribuite in modo casuale tra i giocatori, se ne deduce che se alcune categorie sociali spendono nei giochi in modo più che proporzionale alle loro risorse economiche, verseranno relativamente più denaro nelle casse pubbliche rispetto alle altre categorie.
In uno studio recente abbiamo indagato la spesa in giochi d’azzardo delle famiglie italiane secondo la loro posizione socio-economica. Sono stati utilizzati i dati Istat tratti dall’Indagine sui consumi delle famiglie italiane (anni 1999, 2003, 2008), analizzando la spesa mensile delle famiglie in un ristretto paniere di giochi che comprende Lotto, Totocalcio e Gratta & Vinci.“
In conclusione lo studio punta il dito nei confronti dello Stato, reo di utilizzare i giocatori per fare cassa: “Il gioco d’azzardo legale consente allo Stato di incrementare con (relativamente) scarsa fatica le entrate erariali e di regolamentare un settore ad alto rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata.
A livello individuale, il gioco d’azzardo riveste un ruolo ludico e di intrattenimento per i giocatori, che comporta anche il piacere di fantasticare su possibili vincite di denaro.I vantaggi si accompagnano però a costi sociali che non possono essere minimizzati. Oltre al noto e gravoso problema delle ludopatie, i giochi di azzardo agiscono come un tassa regressiva aggravando le condizioni economiche delle famiglie più povere.”
Più si è poveri, più si spende nei Casino Online? di
Luca Ronchini -
Interessante analisi sociologica volta a verificare se è vero che quando si è più poveri si spende di più nel gioco. - Data:
2013-02-04
Luca Ronchini -
Interessante analisi sociologica volta a verificare se è vero che quando si è più poveri si spende di più nel gioco. - Data:
2013-02-04
























